Libertà, uguaglianza e
fraternità
103. La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto
per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità.
Benché queste siano condizioni di possibilità, non bastano perché
essa ne derivi come risultato necessario. La fraternità ha qualcosa
di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa
accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una
volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla
fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo
arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe,
risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura
autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per
possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della
libertà, che è orientata soprattutto all’amore.
104. Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che
“tutti gli esseri umani sono uguali”, bensì è il risultato della
coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità. Coloro che
sono capaci solamente di essere soci creano mondi chiusi. Che senso
può avere in questo schema la persona che non appartiene alla
cerchia dei soci e arriva sognando una vita migliore per sé e per la
sua famiglia?
105. L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più
fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado
di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può
preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma
l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere.
Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta
alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze
individuali potessimo costruire il bene comune.
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