Il valore della
solidarietà
114. Desidero mettere in risalto la solidarietà, che «come virtù
morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale,
esige un impegno da parte di una molteplicità di soggetti, che hanno
responsabilità di carattere educativo e formativo. Il mio primo
pensiero va alle famiglie, chiamate a una missione educativa
primaria e imprescindibile. Esse costituiscono il primo luogo in cui
si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità,
della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura
dell’altro. Esse sono anche l’ambito privilegiato per la
trasmissione della fede, cominciando da quei primi semplici gesti di
devozione che le madri insegnano ai figli. Per quanto riguarda gli
educatori e i formatori che, nella scuola o nei diversi centri di
aggregazione infantile e giovanile, hanno l’impegnativo compito di
educare i bambini e i giovani, sono chiamati ad essere consapevoli
che la loro responsabilità riguarda le dimensioni morale, spirituale
e sociale della persona. I valori della libertà, del rispetto
reciproco e della solidarietà possono essere trasmessi fin dalla più
tenera età. […] Anche gli operatori culturali e dei mezzi di
comunicazione sociale hanno responsabilità nel campo dell’educazione
e della formazione, specialmente nelle società contemporanee, in cui
l’accesso a strumenti di informazione e di comunicazione è sempre
più diffuso».[87]
115. In questi momenti, nei quali tutto sembra dissolversi e perdere
consistenza, ci fa bene appellarci alla solidità[88]
che deriva dal saperci responsabili della fragilità degli altri
cercando un destino comune. La solidarietà si esprime concretamente
nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi
carico degli altri. Il servizio è «in gran parte, avere cura della
fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili
nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo». In
questo impegno ognuno è capace di «mettere da parte le sue esigenze,
aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo
concreto dei più fragili. […] Il servizio guarda sempre il volto del
fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni
casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale
ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve
idee, ma persone».[89]
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