Riproporre la funzione sociale
della proprietà
118. Il mondo esiste per tutti, perché tutti noi esseri umani
nasciamo su questa terra con la stessa dignità. Le differenze di
colore, religione, capacità, luogo di origine, luogo di residenza e
tante altre non si possono anteporre o utilizzare per giustificare i
privilegi di alcuni a scapito dei diritti di tutti. Di conseguenza,
come comunità siamo tenuti a garantire che ogni persona viva con
dignità e abbia opportunità adeguate al suo sviluppo integrale.
119. Nei primi secoli della fede cristiana, diversi sapienti hanno
sviluppato un senso universale nella loro riflessione sulla
destinazione comune dei beni creati.[91]
Ciò conduceva a pensare che, se qualcuno non ha il necessario per
vivere con dignità, è perché un altro se ne sta appropriando. Lo
riassume San Giovanni Crisostomo dicendo che «non dare ai poveri
parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro
stessa vita; e quanto possediamo non è nostro, ma loro».[92]
Come pure queste parole di San Gregorio Magno: «Quando distribuiamo
agli indigenti qualunque cosa, non elargiamo roba nostra ma
restituiamo loro ciò che ad essi appartiene».[93]
120. Di nuovo faccio mie e propongo a tutti alcune parole di San
Giovanni Paolo II, la cui forza non è stata forse compresa: «Dio ha
dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i
suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno».[94]
In questa linea ricordo che «la tradizione cristiana non ha mai
riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà
privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque
forma di proprietà privata».[95]
Il principio dell’uso comune dei beni creati per tutti è il «primo
principio di tutto l’ordinamento etico-sociale»,[96]
è un diritto naturale, originario e prioritario.[97]
Tutti gli altri diritti sui beni necessari alla realizzazione
integrale delle persone, inclusi quello della proprietà privata e
qualunque altro, «non devono quindi intralciare, bensì, al
contrario, facilitarne la realizzazione», come affermava San Paolo
VI.[98]
Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un
diritto naturale secondario e derivato dal principio della
destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto
concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società.
Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di
sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza
pratica.
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