158. Esiste infatti un malinteso. «Popolo non è una categoria
logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che
tutto quello che fa il popolo sia buono, o nel senso che il popolo
sia una categoria angelicata. Ma no! È una categoria mitica […]
Quando spieghi che cos’è un popolo usi categorie logiche perché lo
devi spiegare: ci vogliono, certo. Ma non spieghi così il senso
dell’appartenenza al popolo. La parola popolo ha qualcosa di più che
non può essere spiegato in maniera logica. Essere parte del popolo è
far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali.
E questa non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento,
difficile… verso un progetto comune».[132]
159. Ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un
popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una
società. Il servizio che prestano, aggregando e guidando, può essere
la base per un progetto duraturo di trasformazione e di crescita,
che implica anche la capacità di cedere il posto ad altri nella
ricerca del bene comune. Ma esso degenera in insano populismo quando
si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di
strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto
qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto
personale e della propria permanenza al potere. Altre volte mira ad
accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed
egoistiche di alcuni settori della popolazione. Ciò si aggrava
quando diventa, in forme grossolane o sottili, un assoggettamento
delle istituzioni e della legalità.
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