CAPITOLO SESTO
DIALOGO E AMICIZIA SOCIALE
198. Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi,
provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si
riassume nel verbo “dialogare”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda
abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il
dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo
paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e
comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come
gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a
vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto.
Il dialogo sociale verso una nuova cultura
199. Alcuni provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi
privati, e altri la affrontano con violenza distruttiva, ma «tra
l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre
possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni, il dialogo nel
popolo, perché tutti siamo popolo, la capacità di dare e ricevere,
rimanendo aperti alla verità. Un Paese cresce quando dialogano in
modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura
popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura
artistica e la cultura tecnologica, la cultura economica e la
cultura della famiglia, e la cultura dei media».[196]
200. Spesso si confonde il dialogo con qualcosa di molto diverso: un
febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali, molte volte
orientato da un’informazione mediatica non sempre affidabile. Sono
solo monologhi che procedono paralleli, forse imponendosi
all’attenzione degli altri per i loro toni alti e aggressivi. Ma i
monologhi non impegnano nessuno, a tal punto che i loro contenuti
non di rado sono opportunistici e contraddittori.
|