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L’architettura e l’artigianato della pace

228. Il percorso verso la pace non richiede di omogeneizzare la società, ma sicuramente ci permette di lavorare insieme. Può unire molti nel perseguire ricerche congiunte in cui tutti traggono profitto. Di fronte a un determinato obiettivo condiviso, si potranno offrire diverse proposte tecniche, varie esperienze, e lavorare per il bene comune. Occorre cercare di identificare bene i problemi che una società attraversa per accettare che esistano diversi modi di guardare le difficoltà e di risolverle. Il cammino verso una migliore convivenza chiede sempre di riconoscere la possibilità che l’altro apporti una prospettiva legittima – almeno in parte –, qualcosa che si possa rivalutare, anche quando possa essersi sbagliato o aver agito male. Infatti, «l’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé»,[212] promessa che lascia sempre uno spiraglio di speranza.

229. Come hanno insegnato i Vescovi del Sudafrica, la vera riconciliazione si raggiunge in maniera proattiva, «formando una nuova società basata sul servizio agli altri, più che sul desiderio di dominare; una società basata sul condividere con altri ciò che si possiede, più che sulla lotta egoistica di ciascuno per la maggior ricchezza possibile; una società in cui il valore di stare insieme come esseri umani è senz’altro più importante di qualsiasi gruppo minore, sia esso la famiglia, la nazione, l’etnia o la cultura».[213] I Vescovi della Corea del Sud hanno segnalato che un’autentica pace «si può ottenere solo quando lottiamo per la giustizia attraverso il dialogo, perseguendo la riconciliazione e lo sviluppo reciproco».[214]

230. L’impegno arduo per superare ciò che ci divide senza perdere l’identità di ciascuno presuppone che in tutti rimanga vivo un fondamentale senso di appartenenza. Infatti, «la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando “se l’è cercata”, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore è di tutti. […] Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c’è qualcosa che non si smuove: quel legame familiare. I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo sì è essere famiglia! Se potessimo riuscire a vedere l’avversario politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri. Che bello sarebbe! Amiamo la nostra società, o rimane qualcosa di lontano, qualcosa di anonimo, che non ci coinvolge, non ci tocca, non ci impegna?».[215]
 

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