Attraversando i deserti biblici:
Neghev, Arava, Edom, Moab, Giuda ... e Gerusalemme
Dal 10 al 18 Agosto 2013
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IL DESERTO Si fa presto a dire
“deserto” , ma capire cos'é è un po' più complicato. Fino al 10 agosto
di quest'anno per noi il deserto era un'astrazione o tutt'al più la foto
di una duna del Sahara. Ora il deserto per noi è un insieme ricchissimo
di immagini, di sensazioni, di emozioni, di episodi e soprattutto di
forme e colori impressi nella memoria: il colore delle rocce cangianti
al variare della luce del sole; il colore del cielo stellato,
dall'orizzonte infinito; i colori dei tappeti delle tende dei beduini.
Sembra che nel deserto la natura si sia concentrata nel voler dimostrare
che l'estrema povertà dei suoi elementi, che si riducono a due: il cielo
e la terra, non le impedisce di sfoggiare la più fantasmagorica
esuberanza di espressioni, tale da lasciare ammutolito e a bocca aperta
anche il viaggiatore più disincantato e distratto.
Sembra che qui la natura abbia voluto dimostrare l'impossibile
attraverso i più stridenti ossimori: la vastità del nulla, la ricchezza
della povertà, la tenerezza della roccia, la freschezza del caldo.
Qui il paesaggio è : “sì, sì”; “no, no”, senza mezzi termini. Col suo
muto linguaggio sembra dirci:”Vuoi vedere dei monti? Te ne mostro per
miglia e miglia di tutti i colori e di tutte le forme”. “Vuoi vedere il
cielo? E io ti incorono la testa con tutte le stelle del firmamento, e
prova a contarle se ci riesci”. “Vuoi renderti conto dell'importanza
dell'acqua? Io ti faccio vedere cosa succede quando manca davvero e come
sia miracolosa la sua improvvisa comparsa tra le rocce dove meno te
l'aspetti”.
Perciò, dalla Sefela in giù, percorrendo il deserto di Giuda fino a
Eilat e poi risalendo in direzione di Madaba, abbiamo vissuto una
raffica di emozioni.
E abbiamo compreso perché questo carattere metafisico ed estremo del
deserto, basti pensare alle dune di sabbia con le quali abbiamo giocato
e fatto surf come con le onde del mare, lo rende il luogo privilegiato
dell'incontro con Dio. Qui Dio parla nel nulla; qui Dio e il nulla si
toccano. Qui abbiamo visitato i luoghi della memoria dove Dio si è
manifestato ad Abramo, a Mosè, al Popolo di Dio in cammino. |
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Il senso di un itinerario diverso
14/8/2013
Dopo quattro giorni dalla partenza, siamo a metà del pellegrinaggio alla
scoperta delle radici della nostra fede. Sono stati quattro giorni
straordinari, che hanno reso questa esperienza diversa dal classico
pellegrinaggio ai luoghi della vita Gesù. Domani lasceremo le terre di
Moab, passeremo il Giordano e entreremo in Palestina. Ma perché questo
nostro girovagare nel deserto? Ora che l'abbiamo attraversato in lungo e
in largo siamo in grado di spiegare il senso di questo inedito percorso.
Partiamo dal confronto con il pellegrinaggio in Terrasanta di tre anni
fa. Balza subito all'occhio la grande differenza di itinerario e di
luoghi, e comprendiamo pure quanti e quali pezzi della nostra storia
religiosa col passare dei secoli abbiamo perso per strada o per lo meno
trascurato. Stiamo parlando delle nostre radici ebraiche, che abbiamo
disinvoltamente sottovalutato sotto il segno di una discontinuità troppo
netta tra Antico e Nuovo Testamento.
Questi quattro giorni di scorribande nel deserto alla ricerca dei luoghi
dei Patriarchi, di Mosè e dell'Esodo, fino al guado del fiume Giordano,
hanno impresso in modo indelebile nella nostra coscienza la convinzione
che c'è invece una profonda continuità in tutta la storia della
salvezza, nella vicenda che parte da Abramo e, attraverso Gesù, arriva
fino a noi.
Il segno più recente da noi vissuto di questa continuità è stata la
celebrazione sul monte Nebo della messa in memoria di
S. Mosè, il
simbolo di tutto l'Antico Testamento, che abbiamo venerato come santo
della Chiesa.
Noi cattolici nei secoli abbiamo un po' perso il senso di questa
continuità, fino quasi a fare diventare Gesù come una meteora piovuta
dal cielo, senza appartenere a un popolo e a una storia. In questo modo
abbiamo impoverito la nostra comprensione della Parola di Dio e della
stessa natura della Chiesa.
In questo contesto acquistano tutta la loro pregnanza le pagine
apparentemente più aride dei Vangeli di Matteo e Luca in cui viene
raccontata la genealogia di Gesù. Quelle genealogie stanno a dire che
Gesù appartiene a quella storia e che se vogliamo conoscere Gesù
dobbiamo conoscere quella storia.
D'ora in poi l'Antico Testamento per noi non sarà più la raccolta di
strani episodi lontani nel tempo e riguardanti un popolo soppiantato nel
cuore di Dio dai cristiani, ma rappresenterà la nostra storia di
famiglia, la storia della nostra stirpe di figli di Abramo secondo la
promessa della benedizione in lui di tutti i popoli della terra.
Diventa ora ancora più chiaro per noi che tutto l'Antico Testamento
parla di Gesù e che, come dice S. Girolamo, l'ignoranza delle scritture
è ignoranza di Cristo. |
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Grazie a tutti i pellegrini che hanno
contribuito ad arricchire questo album |
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