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Francesco Bestetti

Diacono

Francesco Bestetti Lettore

Mi chiamo FRANCESCO BESTETTI, ho 64 anni e abito a Bondanello dal 1975, sono coniugato e ho due figlie, faccio l’insegnante di scuola media, sono prossimo alla pensione. L’idea di diventare diacono non è stata mia, ma è partita da una proposta che mi ha fatto don Pier Paolo nell’ormai lontano 2004, anno in cui è anche iniziato il mio cammino di preparazione. Perché l’ha chiesto proprio a me? Ancora me lo sto chiedendo: non ero certo la persona più adatta, se non altro per ragioni anagrafiche, se sorvolo sul fatto che la mia vita spirituale era, per così dire, un po’ sfilacciata e il mio impegno era maggiormente orientato verso la politica. A quella richiesta ho risposto subito di sì e questo sì mi sta cambiando la vita; però mi chiedo cosa possa dare io adesso alla Chiesa, dato che ho già speso gran parte della mia esistenza. Ma se non sono stato io a propormi, e mi ha chiamato Dio per bocca di don Pier Paolo, allora non mi pongo altre domande e sto sereno. L’importante è che io metta me stesso, senza riserve, con i miei pregi e i miei limiti al servizio di Cristo e della Chiesa e che mi affidi totalmente a lui che si diverte a scegliere strumenti deboli per far risaltare la sua forza. E così il 7 febbraio in cattedrale sarò ordinato diacono, cioè servo: avrò fatto più di cinque anni di preparazione per essere abilitato, con un sacramento, a servire. Servire chi e in che cosa? Certo, servire Dio, ma rimane un’astrazione se non si concretizza nel servizio del prossimo; perciò dovrò essere disponibile verso tutti e senza riserve, partendo dai più piccoli e dai servizi più umili, a imitazione di Cristo che ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Tutto questo non mi sarà per nulla facile, ma dove io manco supplirà l’aiuto dall’alto e il sostegno della preghiera di tutta la comunità. Quando parlo con gli altri del diaconato, immancabilmente mi si chiede quali compiti può svolgere il diacono, ma non ha senso chiedere cosa può o non può fare il diacono in relazione al prete. Nella mia vita faccio già il marito e il padre; ho insegnato a generazioni di studenti; ho fatto vita politica e di volontariato; amo la lettura e il lavoro manuale; dunque il mio servizio deve prendere corpo a partire da quello che sono: un battezzato pienamente inserito nella vita di tutti i giorni, che vive le gioie, le fatiche e i problemi di tutti. Non dovrò essere un uomo di sacrestia, ma uno che porta all’altare il mondo che sta fuori dalle porte della chiesa, con la responsabilità di impersonare la figura  di Cristo e di essere portatore non della propria, ma della sua Parola, facendola prima penetrare nella mia vita. Dovrò essere uomo di comunione, che sappia portare pace dove c’è tensione, stabilire legami dove c’è divisione, serenità e speranza dove l’orizzonte è cupo e che lo sappia fare non con le parole, ma con gli atteggiamenti. Chiedo a tutta la comunità dell’Unità pastorale di aiutarmi con la preghiera a tener fede a questo proposito e, se occorre, di correggermi

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